Ma davvero in Italia abbiamo il diritto di “disconnetterci” dal lavoro ?
Sembra una domanda provocatoria ma non lo è. Il confine tra vita privata e lavoro, soprattutto dopo il periodo di Pandemia non è così marcato e delineato.
In Australia nel mese di agosto è stata emanata una legge sul diritto alla disconnessione, cioè il diritto di non rispondere a chiamate e a messaggi fuori dall’orario di lavoro. Anche la Gran Bretagna sta lavorando ad una normativa simile, per favorire un miglior life-work balance. Sono segnali che arrivano da un mondo del lavoro orientato freneticamente alla crescita produttiva .
Il Portogallo ha varato una legge che prevede una multa per i datori di lavoro che contattano i dipendenti fuori dai tempi di lavoro, mentre la Francia ha introdotto un obbligo di redigere una “carta di buona condotta” con fasce orarie nelle quali si possono inviare mal ai dipendenti.
In Italia la questione del diritto alla disconnessione trae origine dalla normativa sul lavoro agile del 2017, che rimanda però la sua disciplina all’accordo tra le parti. Esiste un decreto del 2021 che tutela il lavoratore/la lavoratrice dalle eventuali ripercussioni nel caso non risponda o tenga il cellulare spento dopo l’orario di lavoro, ma non sussistono veri e propri divieti in capo ai datori di lavoro o ai superiori. In altri termini il diritto alla disconnessione ed eventuali sanzioni amministrative possono variare in base ai contratti collettivi e agli accordi nelle singole aziende. Tutto questo mette in evidenza come non ci sia una reale cultura sull’argomento, una reale consapevolezza di quanto sia importante “staccare”.
Una persona che lavora dovrebbe avere anche il tempo di stare in famiglia, praticare uno sport e dunque ritemprarsi. Quando l’attività lavorativa non lascia spazio al riposo e ad uno svago salutare, siamo nell’ambito di una schiavitù.